domenica 16 luglio 2017

Storia di un suicidio a sinistra

Sarebbe meglio dire “storia di una non opposizione”. Cosa vuol dire “suicidio politico”? Rinunciare a un’idea, a un programma, a una visione, a un modo di intendere e di vivere la politica. Significa, insomma, fare delle mosse sulla scacchiera che poco hanno a che vedere con il proprio background. Nel caso italiano, tutto ciò ha spesso coinciso con l’inciucio o con il ricatto. 
“Inciucio” è un termine napoletano che vuol dire chiacchiera, pettegolezzo o, in accezione politica, mettersi d’accordo sotto banco con il presunto avversario per raggiungere svariati interessi. 
Considerata la storia politica recente, sarebbe un termine sbagliato da utilizzare poiché destra e sinistra hanno fatto coming out da tempo. Mancherebbe, quindi, la segretezza. Ma non c’è bisogno di aspettare gli accordi del Nazareno per documentare tutto ciò: la storia del suicidio politico della sinistra italiana parte da molto tempo prima. Partiremo dal 1996, anno in cui Romano Prodi vinse per la prima volta le elezioni grazie a un bel programma che prometteva legalità, lotta alla mafia, alla corruzione e all’evasione. Insomma, analizzeremo ciò che è stato prima dei governi tecnici (altri periodi di grosso inciucio) per prendere in considerazione, questa volta, principalmente il centro-sinistra.


1996. Romano Prodi è il nuovo presidente del consiglio. Tutti si aspettano una boccata d’aria dopo il primo, breve e deludente governo Berlusconi che, durato meno di un anno a causa del ribaltone Lega Nord, ha fatto poco o nulla per mantenere le promesse elettorali. Intanto i processi al Cav. entrano nel vivo, e gli Italiani se ne accorgono (che strano). Prodi ha gioco facile con il programma sulla legalità, ma sorge subito un comportamento sospetto: Il governo del Prof si comporta bene solo quando non deve toccare ambiti di interesse di Berlusconi. La riforma della giustizia del ministro Flick, viene stoppata sul nascere per approvare un altro programma giudiziario: quello scritto da Cesare Previti. Arrivano le leggi che, invece di combattere la corruzione, combattono i giudici. Vediamo qualche effetto datato 1996:
-   Custodia cautelare più difficile, soprattutto per i colletti bianchi;
  • Niente più arresti per i falsi testimoni (La legge voluta da Falcone era servita ad arrestare un politico: Enzo Carra, poi condannato);
  • Via il reato di abuso di ufficio non patrimoniale: legalizzati tutti i nepotismi, le raccomandazioni, i concorsi truccati ecc. (Bisogna salvare intere giunte finite sotto processo perché si spartivano le ASL).

Intanto, sempre nel ’96, nasce una nuova Tangentopoli a La Spezia (nella quale sono implicati politici e faccendieri di ogni orientamento politico), a Milano stanno andando a conclusione i processi di Mani Pulite e a Palermo iniziano quelli di mafiopoli che vedono coinvolti, fra gli altri, Andreotti e Berlusconi, quest’ultimo indagato anche per concorso in strage a Caltanissetta e a Firenze. Prima che tutto ciò sventri nuovamente la politica italiana bisogna riscrivere la Costituzione. Nasce la bicamerale D’Alema per le riforme costituzionali che ha come interlocutore principale proprio Berlusconi. Per far ingerire la pillola agli italiani Berlusconi convoca una conferenza stampa mostrando al mondo un’enorme cimice che avrebbe trovato dietro il radiatore del suo studio accusando le “toghe rosse” di aver intrapreso un’attività di spionaggio nei suoi confronti. Riesce a rendere tesissimo il clima politico. Tutta la sinistra, D’Alema in primis, difende a spada tratta il cavaliere. “E’ scandaloso che si intraprenda una tale attività spionistica nei confronti del leader dell’opposizione”. Buttiglione: “E’ uno scandalo peggiore del Watergate”. Conclusione? Il caso viene archiviato poiché si scoprì che a mettere la microspia sarebbe stato un uomo della sicurezza di Berlusconi che, ingaggiato per ripulire lo studio, ha pensato bene di posizionare di proposito la cimice (non funzionante, tra l’altro) per farsi aumentare la paga. Tutto ciò ha però seminato il panico e il consenso per una severa riforma costituzionale. Ora ne sono convinti anche gli italiani.

La presidenza della Bicamerale è affidata a D’Alema. Berlusconi ha un ruolo fondamentale poiché, trattandosi di riforme costituzionali, sono richieste ampie maggioranze per le approvazioni. C’è un prezzo da pagare per tutto questo. Per rimanere seduto in bicamerale Berlusconi pretende alcune leggi ad personas (ci sono ancora più persone da salvare) che la sinistra approva con maggioranze praticamente bulgare:
  • Nessun conflitto di interessi;
  • Blocco antitrust sulle TV, in barba a una sentenza della Corte Costituzionale;
  • Incompatibilità GIP e GUP per far saltare un sacco di udienze preliminari nei processi di Tangentopoli;
  • Conferimento dello stesso potere di indagine dei PM agli avvocati;
  • Controriforma art. 513 del codice di procedura penale: In breve “la confessione e il patteggiamento di un soggetto reo di aver pagato tangenti a un politico vale per il soggetto stesso ma non per il politico in questione salvo che il medesimo ritorni a ripetere (non obbligatoriamente) la confessione nel processo del suddetto politico. Una legge che butta via le prove, insomma;
  • Legge contro i pentiti di Mafia: si tolgono i benefici ai pentiti rendendo più difficile la collaborazione con la giustizia (richiesta di Riina nel “papello”);
  • chiusura delle carceri del 41 bis: chiuse Pianosa e Asinara (richiesta di Riina nel “papello”);
  • Abolizione ergastolo: legge approvata ma ritirata in seguito a causa delle proteste dei familiari delle vittime delle stragi mafiose;
  • Dimezzamento scorte ai magistrati e ai testimoni antimafia; 
  • Bozze Boato: separazione carriera PM e giudice ordinario. Si rende la magistratura molto più soggetta alla politica come da disegno di Licio Gelli, fondatore della P2, che sulla bicamerale dichiarerà: “questa bicamerale sta copiando pezzo per pezzo il mio piano di rinascita democratica. Meglio tardi che mai, ma ora voglio il copyright”.

La bicamerale è, senza dubbio, una delle pagine più nere per la sinistra italiana. Non solo per tutte le leggi-ricatto approvate in parlamento per mantenere la trattativa ma anche perché, di fatto, fallì quando Berlusconi si rese conto di aver fatto perdere abbastanza voti alla sinistra per poter ricandidarsi e vincere le successive elezioni in scioltezza. Rovesciò il tavolo: avrebbe potuto fare la sua riforma costituzionale da presidente del Consiglio.
Ma torniamo sulla sinistra. Dobbiamo aspettare fino al 2006 per rivedere di nuovo i progressisti al potere con Romano Prodi, di nuovo. La storia si ripete: il governo Prodi commette tutti gli errori del ’96 e ne aggiunge di nuovi. Si comporta bene lontano dai territori di caccia del Cav: risana i conti, combatte l’evasione fiscale, ritira le truppe dall’Iraq (anche se non si capisce perché non faccia lo stesso con l’Afghanistan). Ma ecco che, come al solito, in materia di giustizia si vedono le pecche peggiori:
  • Nuova commissione antimafia nella quale entrano due pregiudicati per corruzione;
  • Indulto: abbuonati 3 anni di pena a tutti i detenuti (proprio di 3 anni era la condanna ai domiciliari per Cesare Previti, avvocato e braccio destro in politica di B.). Boom di criminalità, impopolarità del governo;
  • Sabotaggi nei processi contro i rapitori di Abu Omar. Ricorso alla consulta contro il tribunale che li processa con imposizione del segreto di Stato sugli atti di quel sequestro;
  • Ispezioni e attacchi a tutti i magistrati più attivi, compresi i giudici di Santa Maria Capua Vetere che si erano imbattuti nei reati del Ministro Mastella e della sua signora;
  • Lasciate in vigore tutte le leggi vergogna che si era promesso di abrogare;
  • Silenzio di tomba sui processi Andreotti e Dell’Utri (meglio parlare di Cogne e Garlasco); 
  • Nessuna legge sul conflitto di interessi e sull’antitrust (manco a dirlo).

L’ultima questione riguarderebbe la scalata alla BNL, momento epico in cui destra e sinistra fanno affari assieme per comprarsi letteralmente una delle banche più influenti del paese. Una parentesi di mala politica e ricatti da far rabbrividire. Ma a questo va dedicato un altro post.

In conclusione, chi vi scrive è un appassionato e studioso di politica e storia politica. Non un brontolone. Solo uno che soffre nel vedere la politica italiana ridotta a puro teatrino affaristico assolutamente trasversale! “Cari uomini e donne di sinistra, citate meno Berlinguer e praticatelo di più!”

sabato 14 gennaio 2017

Fabrizio Carollo, il Mostro contro il trend

Se c'era qualcosa che davvero mi mancava, fino a qualche attimo fa, era prendermi cura di questo piccolo blog personale. Preso da mille avventure internettare ho colpevolmente tralasciato lo spazio dal quale è nato tutto, tutta la passione, i sogni, le primissime soddisfazioni. E' partito tutto da qui.




Fabrizio Carollo. Bene. Lui è un amico, una delle migliori conoscenze fatte in questi anni di blogging, una di quelle persone fantasiose di cui è bello circondarsi. Eh sì, quel mostro di Fabrizio!
No, non intendo denigrare le sue qualità morali dicendo ciò ma, al contrario, mi piacerebbe usare l'espressione "mostro" nell'accezione più positiva possibile per uno scrittore quale lui è. Lui è uno che con la penna in mano sa torturare ben bene chi lo legge. E' uno che con il brivido ci sa fare.


"Il Mostro della Mannaia" è proprio il suo ultimo titolo che il sottoscritto ha appena finito di leggere in notturna. Dobbiamo dir qualcosa? Sì. Tanto per cominciare, non fate il mio stesso errore: non leggetelo di notte! Quello che ho fra le mani è un thriller decisamente e fortunatamente fuori moda. Una trama che vive di semplicità e della quale non voglio svelare un granché. Mi limiterò a banalizzare: un gruppo di inquirenti sulle tracce di un serial killer tornato sulla piazza. Ma è tutto il corredo che fa la differenza. I personaggi di Carollo sono studiati e calibrati alla perfezione: ognuno ha la sua chicca, il suo "turning point", la sua storia frantumata fra privato e pubblico, tutti uniti dalla caccia all'uomo. Non si tratta di supereroi, di uomini della legge straripanti, di Manuela Arcuri delle fiction su Canale 5. Ci vengono proiettati individui comuni che hanno tutto il loro mondo da raccontare con debolezze, affetti personali, amori, paure e tenerezze.



Stiamo parlando di atmosfere di altri tempi. Il richiamo al primo Dario Argento è evidente e questo rende il lavoro un insieme di idee regolari, sospese, che liberano la loro potenza espressiva a poco a poco. Un racconto che, a tratti, si fa attendere lasciando grandi spazi alla suspence, all'introspezione psicologica e a descrizioni contestuali. Ma "Il Mostro della Mannaia" libera la sua potenza primordiale e, quando questo succede, viene fuori il Carollo dell'orrore, del sangue, delle grida lancinanti e degli ultimi respiri. L'horror è lì proprio in apertura. Una scena da tortura medievale che rende l'idea di cosa sarà lo sviluppo del romanzo. Lei strilla, grida, piange in un ambiente buio, legata in mezzo al nulla fra tenebre, rumori inquietanti e fluidi corporei vari. Una mannaia che mette fine alle sofferenze con un colpo netto. Un suono orribile, atroce entra nelle viscere del lettore.


Perché comprarlo? Beh, da buon lettore del genere devo dire che trovare qualcosa che vada contro il noir di tendenza a vantaggio di un thriller più lavorato e più lento ha stuzzicato le mie papille gustative. Carollo è uno scrittore attento a non perdere la sua identità artistica, caratteristica tutelata proponendo omaggi alle sue influenze che difficilmente deluderanno i nostalgici del sangue anni '70 - '80. Non solo, penso che romanzi "revival", come definirei questo Mostro, possano essere di insegnamento e ispirazione per le future generazioni di scrittori, costretti a vivere in una condizione di mercato intellettuale sempre più spesso legata al trend. E lo sappiamo, il trend ha i paraocchi.